Ho il piacere e il privilegio di annunciare l'uscita editoriale del mio quarto libro da Francesco Billeci, dal titolo "Racconti umoristici e satirici". si potrà acquistare inviando una semplice mail presso:
f.billeci@virgilio.it
Pubblico con piacere e interesse la prefazione della poetessa Giovanna Fileccia, la postfazione dell'editore e il commento di Francesco Ferrante, perchè sono chiari e attinenti al testo.
Prefazione di Giovanna Fileccia
L’umorismo e la satira nei racconti di Vincenzo Li Cavoli
Il comico esige qualcosa
come un’anestesia
momentanea del cuore:
si dirige alla pura
intelligenza.
(Il riso. Saggio sul
significato del comico. 1900)
Henri Bergson
Cari
Lettori, non so se sfoglierete questa prefazione prima o dopo che abbiate
goduto del libro di Salvatore Galiano, sappiate però che la lettura è, o sarà,
piacevole e briosa; leggera e incisiva; passata e pur presente. Sì, perché
nonostante siano trascorsi decenni da quando Vincenzo Li Cavoli ha scritto i
racconti e le poesie, in realtà sono attuali ancora oggi. Nella mia poesia “La
Giostra” scrivo “Tutto cambia pur
rimanendo uguale”: ecco, anche tra le parole di Li Cavoli troverete che,
seppur la società -e noi con essa- sia cambiata, in fondo nulla, purtroppo o
per fortuna, è mutato negli atteggiamenti e nelle azioni del genere umano.
Spesso immagino l'individuo come un laborioso
ragno intento a tessere la sua tela preziosa, per poi fare i conti con
l’irruento vento che, a sorpresa, si insinuerà tra le maglie della tela e ne
romperà qualche filo alleggerendo la trama. L’individuo poi si adopererà per
riparare la tela e magari questa volta lascerà le maglie più larghe, cosicché
il vento abbia lo spazio necessario in cui passare. Ora, immagino il vento come
un soffio di sana ironia, un refolo che, lieve, si insinua tra le pieghe dei
giorni cosicché ognuno sia alleggerito dal beneficio di un sorriso, fino a
gioire di una corposa e risanante risata.
Schopenhauer affermò che l’uomo sa ridere di
cuore nella stessa misura in cui sa essere serio: i due opposti si compensano e
si completano a vicenda. Il modo in cui ci approcciamo alla satira,
all’umorismo, all’ironia rivela la nostra personalità, la nostra disponibilità
verso l’altro, la nostra concezione del vivere che sia essa pregna di
positività o di negatività.
La vita, coi suoi alti e bassi, in parte dipende
dalle nostre scelte, le quali spesso sono condizionate dai nostri pensieri.
Sono questi ultimi che determinano su quali aspetti ognuno si concentra: dalle
gioie, alle camurrie (pardon traduco: scocciature). È la forza del nostro
pensiero che ci porta a essere coscienti, a vedere in modo obiettivo la realtà,
oppure a stravolgerla. Vincenzo Li Cavoli è stato un uomo che ha saputo
discernere la propria, e altrui, positività (o negatività, potremmo dire), un
ragno che ha tessuto una tela leggera ma resistente all’irruento vento. Ritengo
che egli sia un esempio che illumina. Avrà avuto anche lui i suoi alti e bassi,
eppure dai suoi scritti traspare una persona che sa cogliere la leggerezza
anche là dove la pesantezza impera. Egli con una gaiezza e un'ironia più o meno
amara, più o meno velata, riesce a narrare, sia in italiano che nel colorito
dialetto siciliano, situazioni e personaggi analizzando ogni scena e ogni
carattere dal suo punto di vista. La sua è un’esposizione semplice e senza
troppi giri di parole. Nel leggere i suoi racconti e i suoi versi umoristici e
satirici vi accorgerete che Vincenzo possedeva uno stile di scrittura diretto e
essenziale; i suoi testi sono chiari, limpidi e denotano la sua frizzante
intelligenza. Ne La trappola,
assisterete a un botta e risposta tra un cavaliere e un pover’uomo in cerca di
lavoro; un’esposizione briosa che sfiora il sarcasmo, un narrare in cui
Vincenzo denuncia una pratica molto diffusa: quella dello stare a servizio di
un uomo potente a patto che il malcapitato in cerca di lavoro agisca come le
tre scimmiette: Nulla vedo, niente sento, muto sono! Ma il pover’uomo capisce
l’antifona e a gambe levate scappa per poi emigrare in cerca di fortuna.
Racconti umoristici e satirici è il secondo libro che
il Professore Galiano fa emergere dal fondo di un cassetto della sua scrivania:
egli rovista, trova, seleziona, trascrive e poi pubblica. Ho avuto il piacere
di presentare il primo volume che conteneva sia i racconti che le poesie di
Vincenzo Li Cavoli e in quell’occasione dissi quanto siano stati fortunati a
trovarsi i due uomini che oltre dall’amicizia erano uniti anche da un rapporto
di parentela: Vincenzo Li Cavoli è stato il suocero di Salvatore Galiano. I due
sono riusciti a istaurare un rapporto costruttivo di grande affinità, un
dialogo a più livelli in cui le loro anime intenzionalmente artistiche si sono
ritrovate. Invece non si ritrovano i protagonisti del racconto Come passano gli ordini dal capitano alla
truppa: avete presente il gioco del telefono senza fili, dove la frase
iniziale man mano che passa da un orecchio all’altro si trasformava
completamente? In questo divertente racconto Vincenzo Li Cavoli evidenzia
quanto un semplice ordine venga totalmente modificato perché in realtà è
davvero complicato comunicare e ancora più complicato è ascoltare.
Sono passati circa quindici anni dalla scomparsa
di Vincenzo eppure Salvatore sente talmente forte il legame con il
suocero\amico da tendere il filo verso noialtri affinché, attraverso i suoi
scritti, possiamo conoscerlo e apprezzarlo. Salvatore lo conobbe nel 1964 e fu
attratto dalla sua voce e dal suo animo sensibile. Spesso i due si sedevano
all’ombra di un albero e, sorseggiando un bicchierino di Sambuca,
chiacchieravano amabilmente di arte e di poesia, e tra un sorso e l’altro
disquisivano sull’importanza di tramandare i ricordi, le memorie, i proverbi,
ma anche le tradizioni comprese le usanze e le credenze religiose. A questo proposito cito la cantilena
di Natale Ciaramiddaru che ci
trasporta in un periodo in cui ad annunciare la nascita di Gesù era un uomo che
cantava per le vie del paese accompagnato dal suonatore di zampogna. I racconti
e le poesie di Vincenzo Li Cavoli tramandano
la memoria e perciò possiedono una forte valenza storica, culturale e sociale.
Ma rappresentano anche un documento per Terrasini, paese in cui io stessa vivo,
e per la Sicilia tutta.
Salvo Galiano ha curato il volume che tenete tra
le mani, ha scelto i racconti del suocero Vincenzo Li Cavoli con l’intento di
tramandarci il seguente messaggio: in ogni aspetto del quotidiano, c’è sempre
un elemento ironico che può indurci al sorriso. Basta trovarlo. Aristotele
sottolineò che il riso è fenomeno
esclusivamente umano, per cui possiamo ben reputarci fortunati.
Avrete notato la massima di Bergson che ho
trascritto in apertura, il filosofo francese individuò in coloro che ridono insieme una complicità che li
rende riuniti in un gruppo coeso. Ciò avviene perché il riso crea un legame
sociale che ha il magico potere di dissipare disagi anche tra estranei,
favorendo il desiderio di conoscenza e di confidenza: in una parola di amicizia. Inoltre, e questo è un mio
pensiero, il riso crea un’alchimia che parte dal cuore, passa dall’intelletto e
si estende fuori come un abbraccio ideale tra occhi che si incontrano e suoni
cristallini che si mischiano.
Dunque, non dobbiamo avere paura di ridere cari
amici lettori, ché tanto le rughe arrivano lo stesso a segnare i nostri bei
lisci visi. In fin dei conti la ruga, come dice Vincenzo Li Cavoli, spunta pure
se piangiamo perciò lasciamole raccontare “di
libertà patita, di tutto, di tutti\ di una vita, \ di alterne vicende \ di ogni
momento della vita! Solo Dio, pittore attento e deciso, ha il metro giusto della ruga: ne misura l’entità, \ ne stampa la traccia e
\ non scambia la tua con un’altra faccia.
Ringrazio il curatore Salvatore Galiano, ho
gradito che mi abbia invitata a far parte di questa coesa e ridente squadra.
Chiudo questa mia rendendo omaggio a Vincenzo Li
Cavoli, sono certa che da qualunque luogo egli sia ci osserva e sorride.
Giovanna Fileccia
Lì,
Terrasini 27 marzo 2019
Postfazione
di
Francesco Billeci
Il
libro della poetica di Aristotele risalente al 330 a.C. parla, dei giochi di
parole e delle arguzie, come strumenti per scoprire in modo chiaro e meglio la
verità narrata dall’uomo.
Il
filosofo ha documentato, attraverso le sue opere rivoluzionarie, in maniera
provvidenziale che ridere non doveva essere cosa cattiva se poteva farsi
veicolo di verità.
Ai
tempi era consuetudine della provvidenza che non fossero glorificate le cose
cui attengono all’umanità perché superficiali, volubili, effimeri come appunto
il riso e la commedia.
Il
ridere era considerato parte del diavolo e della natura stessa di satana.
Il libro
dello scrittore Umberto Eco dal titolo: “Il
Nome Della Rosa”, ci da un’ampia
panoramica del riso e della commedia, tratta appunto dal pensiero di
Aristotele.
Aristotele,
ribalta la funzione del riso elevandola ad arte, per questo ha il merito di
aprire il mondo del riso ai dotti del tempo facendone oggetto di filosofia.
Salvo
Galiano, attento osservatore di cui riconosco tutto il valore, ha interpretato
il pensiero del Li Cavoli che, attraverso i personaggi realmente esistenti del
nostro territorio, ha cercato di riscrìvere in sequenza logica in modo ironico
e con un sottile sarcasmo. In modo tale di farci conoscere Vincenzo Li Cavoli
attraverso l’umorismo, la satira e il riso, che ci insegna, attraverso i suoi
racconti, di liberarci dalla paura del non sorridere.
Forse
per farci comprendere, a noi lettori, in modo distaccato ed avvicinarci alle
cose futili con un certo disincanto forse con liberazione per insegnarci che il
ridere porta sempre alla verità anche a nostra insaputa.
Commento di Francesco Ferrante
Satira e umorismo non sono due qualità molto diffuse fra
gli uomini. Pochi riescono ad osservare il mondo che li circonda e ad
analizzarlo con lucidità facendo scaturire un sorriso.
Ci vuole arguzia, acume, vivacità di pensiero,
intelligenza.
Vincenzo Li Cavoli ha saputo usare satira e umorismo, ha
lasciato ai posteri in eredità la sagacia dei suoi scritti. In questa raccolta
abbiamo degli esempi eccelsi del suo spiccato senso dell’umorismo, della sua
satira senza tempo.
Quando ci imbattiamo in personaggi così notevoli, capita
spesso pensare “chissà cosa direbbero della società di oggi, del suo incessante
correre, delle bugie spacciate per assolute verità”. Possiamo immaginarlo ma
non saperlo, perché ogni volta che un personaggio così arguto lascia questo mondo
per far riposare l’anima in Paradiso, restiamo tutti un po’ orfani.
E’ necessario e fondamentale per la nostra crescita
sociale e culturale, incontrare una voce originale e rivoluzionaria che, fuori
dal coro omogeneizzato, ci fa conoscere una versione diversa da quella
ufficiale.
Vincenzo Li Cavoli è stato ed è questo: un partigiano che
ha smascherato le falsità della vita, senza urlare o puntando il dito, ma
semplicemente con ironia e sarcasmo.
Un plauso, dunque, a Salvatore Galiano che ha capito il valore
degli scritti di Li Cavoli e con pazienza li ha raccolti, “assemblati” e donati
a noi lettori per farci un po’ più ricchi, di quella ricchezza che non si
esaurirà mai, che porteremo con noi fino alla fine dei nostri giorni e che
potremmo anche noi donare senza per questo impoverirci.